Intervista di Daniela
Preziosi a Rino Formica su Domani del 07-01-2021
Il premier Giuseppe Conte «è incapace e debole, un elemento di
stabilizzazione del disordine», Renzi «un capitano che ha perso
l’esercito e ora va a cavallo di un ronzino», però il vero
problema italiano «è una crisi che viene da lontanissimo», i
massimi vertici istituzionali praticano il tabù del voto «ma se
davvero non si può votare, allora sì che diventa uno stato di
eccezione». Allacciare le cinture di sicurezza, quando c’è crisi
politica la conversazione con Rino Formica diventa un sentiero da
seguire in stato di massima allerta.
Classe 1927, socialista, più volte ministro nella Prima
repubblica, autore di definizioni definitive - per i minori: la
politica «è sangue e merda», il Psi «una corte di nani e
ballerine», «il convento è povero ma i monaci sono ricchi», molte
altre sono sparse in libri e interviste, anche qui di seguito non
ne fa economia – ora coscienza lucida e critica di un’Italia che
vede nelle macerie. Il nostro sentiero inizia in salita, direzione
il Colle più alto. «La tendenza generale è a stabilizzare il
disordine. E tutti coloro che hanno responsabilità di guida del
paese non affrontano o hanno paura di affrontarne la causa
profonda. Si affrontano le crisi come fossero segmentate:
economica, sociale. Invece la crisi è della struttura
istituzionale. Vedi la questione delle elezioni».
Formica, non si può votare: c’è la pandemia, il vaccino, bisogna
fare il Recovery fund. Non è così?
Se è così bisogna regolare come va avanti un sistema democratico
senza elezioni per un periodo imprevedibile, perché l’epidemia ha
un tempo imprevedibile. Allora si ha il dovere di affrontare una
questione che nella nostra Costituzione non c’è, lo stato di
eccezione. La guida più alta di questo paese si sta dimostrando
inadatta ad affrontare le situazioni di carattere straordinario.
Il presidente Mattarella? È il riferimento di un paese piegato dal
morbo e dalla crisi.
All’inizio della legislatura serviva un ricorso immediato alle
elezioni perché la ventata populistica, antiparlamentare e
antipolitica era diventata il primo partito, ma un partito che non
poteva coalizzarsi con altre forze. Constatata l’impossibilità di
coalizione, bisognava tornare al voto. In altri paesi democratici
in casi del genere è stato naturale.
Ma i Cinque stelle sono stati “costituzionalizzati”. Non era una
vittoria proprio del parlamentarismo?
Si sono coalizzati con la Lega perché
è stato accantonato il principio costituzionale della coalizione
di governo e si è escogitata l’idea al “contratto”, un insieme di
norme che regolano interessi contingenti. Poi l’operazione è
fallita. E eanche allora si è andati alle elezioni...[CONTINUA
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