"Siamo in presenza di una situazione
assolutamente nuova", secondo Rino Formica, ex ministro socialista
delle finanze e del lavoro nella cosiddetta prima repubblica. "Ci
avviamo verso una campagna elettorale in cui per la prima volta
nella storia della nostra democrazia saltano tutti gli schemi".
Perché, Formica? E' la
prima volta in cui il partito di maggioranza farà campagna
elettorale in una posizione di ostilità al suo governo. Salta la
dialettica fisiologica che c'è in ogni stato democratico, per cui
l'opposizione fa campagna contro l'operato del governo uscente.
Questo cosa comporta?
L'opposizione, non potendo andare contro il governo perché
quest'onere se lo è intestato il partito di maggioranza, farà
campagna contro il sistema.
Lei riesce a vedere Berlusconi nei
panni di un leader antisistema? Berlusconi no, ma
Salvini sì.
Ieri il consiglio federale ha
ufficializzato la svolta: via la parola "nord" dal simbolo e
costruzione di un partito che tenga insieme il federalismo e
l'interesse nazionale. A parole è facile, nei fatti è
più complicato. La Lega dice di proporre al resto del paese una
campagna di autonomismo regionale rafforzato, ma di fatto questo è
il preludio ad una campagna secessionista. Oggi (ieri, ndr)
Salvini ha detto che presenterà candidati della Lega in tutta
Italia. Vuol dire che non andrà in coalizione, dato il vincolo che
esiste tra il candidato nel maggioritario e le lista proporzionale
collegata.
Che cosa sta succedendo?
Aumenta il caos politico e istituzionale. Il precipitare della
situazione in Catalogna pone problemi gravi e inediti
all'Unione Europea. La Spagna ha iniziato ad affrontarli, l'Italia
non ancora. Se lo stato italiano dovesse subire una spinta di
carattere secessionistico, imploderebbe.
Che parte ha in tutto questo la
legge elettorale? La legge elettorale non è la causa
ma il prodotto del processo di disgregazione in atto. E'
totalmente inadeguata alla fase che si apre, in cui l'elemento
antisistemico può divenire centrale.
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Cosa
pensa della decisione di Pietro Grasso di abbandonare
il gruppo del Pd in polemica con il ricorso massiccio
al voto di fiducia sul Rosatellum?
E' un altro
sintomo della situazione esplosiva. La sua è stata una
scelta coraggiosa che non si può derubricare a rottura
personale con il Pd e nemmeno all'ipotesi di una
futura candidatura con Articolo 1. Possono esserci
questi fattori, ma sono una conseguenza, non la causa.
E invece?
Grasso ha denunciato la scelta
politica operata dal Pd e la sua insensibilità
istituzionale, assumendo una posizione che lancia
l'allarme rosso sul dissesto istituzionale che si va
creando. La sua è una preoccupazione di ordine
costituzionale che non può non investire il presidente
della Repubblica.
Mattarella firmerà la
legge.
La firmerà, ma potrebbe non
fare solo questo. Mattarella si trova di fronte un
atto formalmente regolare, una legge votata dal
parlamento. Al tempo stesso ha davanti non la denuncia
di un semplice parlamentare, ma della seconda carica
dello stato che lamenta un vulnus operato
contro il potere di emendabilità delle leggi previsto
dalla Costituzione.
Quindi?
Mattarella non può lasciare
senza risposta un giudizio così grave dato dal
presidente del Senato. Il presidente della Repubblica
può firmare la legge o respingerla, ma può anche
firmarla accompagnandola con una lettera, come ha
fatto all'indirizzo di Gentiloni quando ha promulgato
il codice antimafia.
Completiamo il giro
dei partiti. Il Movimento 5 stelle?
Non fa testo: antisistema per
definizione.
Forza Italia?
Se la Lega si
staccherà...[CONTINUA
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