|   C’è
                          un malessere in questa repubblica, che è stata
                          definita “seconda”, ma che io definirei dello
                          “zero”.Dello “zero” perchè inesistenti sono le idee che
                          dividono, che portano al confronto e che uniscono gli
                          uomini.
 Dello “zero” perchè nessuno produce una visione
                          per il “domani”, che ogni istante diviene
                          “oggi”, lasciando inalterate le problematiche del
                          paese e producendo, al contrario, un regresso sociale
                          che dilaga a macchia d'olio.
 Dello “zero” perchè coloro che avrebbero il
                          dovere di disegnare il futuro della comunità, l'unica
                          cosa su cui interagiscono è sui miseri commenti ai
                          comportamenti e ai costumi dei singoli.
 Sono
                          infiniti i motivi dello “zero” e ben visibili agli
                          occhi di tutti.
                          
                          
                          
                           Intanto
                          quelli che erano figli sono diventati padri e la ruota
                          continua a girare creando, ogni giorno che passa,
                          sempre più grandi dislivelli sociali. I bisogni della
                          società crescono esponenzialmente,  mentre
                          l'emancipazione sociale degli individui, senza più
                          guide e progetti, fa aumentare enormemente la forbice
                          tra pochi “benestanti” e il resto della
                          popolazione. Aumentano i mutui per la casa, le rate o
                          i prestiti per l'acquisto dell'auto e ormai di
                          qualsiasi genere di consumo. Gli stipendi mensili, per
                          chi ancora ne ha la certezza, non riescono a
                          soddisfare i debiti che ogni mese aumentano
                          inevitabilmente, così da divenire un'eredità per le
                          nuove generazioni. Fino ad oggi i nonni aiutavano i
                          nipoti, domani dovranno essere questi ultimi “senza
                          stipendio” a preoccuparsi dei loro cari.
                          
                           Questa
                          non è più l'epoca “dell'operaio”, ma quella dei
                          “mutuati”, dei precari, dei disoccupati, dei
                          cassa-integrati ecc… insomma l'era “degli incerti”. 
                          
                           Ogni
                          tanto, in qualche talk-show, l'unica cosa che taluni
                          sanno proporre come parte importante di una ricetta è
                          l'aumento dell'età pensionabile. Qui alcune domande
                          vengono spontanee.E' meglio pagare delle pensioni a chi dopo anni di
                          lavoro oramai avrebbe bisogno di un giusto riposo, o
                          pagare le disoccupazioni, le cassa-integrazioni ecc a
                          chi è giovane, intraprendente e ricco di energie?
 E' meglio quindi far lavorare chi è più anziano,
                          lasciando chi deve costruirsi una vita e una famiglia
                          nell'oblio dell'incertezza e di un lavoro?
 E' giusto che vi siano persone che guadagnano
                          centinaia di migliaia di euro mentre la stragrande
                          maggioranza non riceve quanto indispensabile per una
                          vita dignitosa?
 Domande che in qualche caso possono sembrare scontate,
                          ma che banali non sono perchè di questo nessuno si
                          preoccupa più.
 Volendo
                          entrare nello specifico si rischia di perdersi a
                          contare le ingiustizie crescenti.
                          
                           Un
                          esempio, che vale per altri mille, è doveroso porlo.
                          Aumenta la disoccupazione, ma al contempo aumentano
                          anche i pochi che possono percepire, per legge, più
                          stipendi. Non parliamo di doppi introiti per
                          sopravvivere: basta guardare al campo medico, dove uno
                          specialista lavora all'ASL, nel contempo presta
                          servizio magari per una clinica privata e per non
                          bastare oggi può anche lavorare "in
                          proprio" utilizzando però le strutture, le
                          apparecchiature e indirettamente il personale delle
                          ASL pagati dai cittadini. Sicuramente la maggior parte
                          sono persone oneste, ma ci vuol poco ad immaginare che
                          vi sia tutto l'interesse, da parte di taluni, al
                          malfunzionamento della sanità pubblica. E intanto i
                          giovani laureati sono costretti a "bamboccioni a
                          vita" o sono sfruttati, rimanendo inermi di
                          fronte a certe ingiustizie. Se quanto sopra non fosse
                          reso possibile, forse tanti di questi giovani
                          avrebbero un'opportunità per il loro futuro e per
                          portare il loro fresco contributo alla medicina.
                          Invece di “stare molto bene” una persona,
                          vivrebbero dignitosamente almeno due.
                          
                          
                          
                           Ciò
                          di cui ha veramente bisogno questo paese è una nuova
                          stagione politica e una nuova classe dirigente.
                          
                          
                          
                           Bisogna
                          superare il concetto personalistico della politica che
                          ha regnato nella repubblica "dello zero" ed
                          è necessario il ritorno alla collegialità delle
                          organizzazioni politiche che sono gli unici luoghi di
                          partecipazione e di confronto democratico.
                          Quest'ultime devono ovviamente essere ripensate e
                          ridisegnate in funzione di una società che è
                          cambiata.
                          
                          
                          
                           C'è
                          bisogno di ricostruire una nuova e grande sinistra,
                          capace di essere l'interlocutore dei nuovi bisogni, ma
                          che al contempo sappia maturare una propria anima. Una
                          sinistra capace di porre realmente un'alternativa nel
                          governo del paese, con perseveranti e forti idee di
                          cambiamento. Una sinistra capace quindi di unire le
                          esigenze di una società che evolve rapidamente, con
                          la ricerca di una sempre maggiore giustizia sociale.
                          Una sinistra che valorizzi i meriti dei singoli, ma
                          che abbia sempre ben presenti i bisogni della
                          maggioranza e dei più deboli. Una sinistra che
                          abbandoni i preconcetti e che sappia guardare con gli
                          occhi della ragione. La sinistra degli “incerti” e
                          non dei “signori di turno”. Una sinistra che
                          sappia guardare fuori dai confini nazionali,
                          consapevole che le società si governano e si
                          costruiscono nel mondo. Una sinistra che abbia quindi
                          il coraggio di aprirsi alla questione
                          “socialdemocratica”. 
                          
                          
                          
                           Fa
                          sorridere, ma nel contempo è preoccupante, osservare
                          che a proporre le ricette del futuro spesso sono
                          proprio coloro che hanno le responsabilità del
                          presente. Ai “Veltroni” di turno, senza
                          dimenticare i tanti “D’Alema”, che hanno
                          contribuito a distruggere quanto ancora vi fosse
                          realmente di sinistra in questo paese, il popolo degli
                          “incerti” deve ribellarsi. Coloro che hanno i
                          capelli più bianchi hanno il dovere di accompagnare
                          una nuova classe dirigente in questo paese in maniera
                          sana e costruttiva. In caso contrario, avrebbero il
                          dovere e la dignità di farsi da parte. Visto che il
                          buon senso non sembra, nella maggioranza, essere più
                          forte degli egoismi, tocca alle nuove generazioni
                          rimboccarsi le maniche. Queste ultime ovviamente
                          riusciranno se sapranno unirsi su dei progetti comuni
                          nell'interesse del paese della sinistra e non sulle
                          riverenze ai “forti di turno”. 
                          
                           Il
                          paese aspetta una nuova e grande sinistra
                          socialdemocratica: su questa strada è necessario
                          spendere tutte le energie di chi più giovane abbia il
                          coraggio di lottare con tenacia e sacrificio per un
                          futuro migliore.
                          
                            
                          
                           Daniele
                          Delbene     |