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Ds/ La sinistra del partito attacca Fassino: dice che sul Pd siamo avanti, ma non sa rispondere alle domande chiave 7Afari Italiani

Date: 18/10/2006
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Ds/ La sinistra del partito attacca Fassino: dice che sul Pd siamo avanti, ma non sa rispondere alle domande chiave Mercoledí 18.10.2006 09:10 Di Gianni Zagato * E’ davvero un piacere leggere ciò che scrive quasi ogni giorno su Il Riformista Emanuele Macaluso, un autentico socialista riformista che non ha mai scambiato nella sua lunga e operosa vita politica il sostantivo - il socialismo – con l’aggettivo qualificativo – riformista -, come invece usa da più parti e sempre più spesso da qualche tempo in qua. Con i suoi articoli si può di volta in volta essere d’accordo o dissentire, ma ogni volta è una ventata di freschezza e schiettezza, dove il pane vuol dire pane e il vino vuol dire vino. In questi giorni, prima e dopo Orvieto, Macaluso confessa di essere afflitto da un terribile mal di testa. E’ causato, ci dice nel suo ultimo articolo, "dal dibattito schizofrenico tra i fautori del partito democratico". Questo tipo di emicrania, una sintomatologia piuttosto recente e dunque ancora priva di un qualche rimedio farmaceutico, si starebbe diffondendo tra i Ds se, come sostiene il segretario, ben l’80% degli iscritti non vedrebbe l’ora di lasciare l’attuale partito per entrare nel nuovo soggetto politico. Su questo però uno del mestiere come Renato Mannheimer fa una diagnosi diversa e dice anzi che il rischio di emicrania starebbe regredendo, certo tra la base. Un piacere è anche quello di ascoltare un uomo di cultura da sempre attento alla politica come Umberto Eco quando esprime con libertà e sincerità dubbi, perplessità, domande su quei due - tre nodi di fondo che ormai da tempo ruotano attorno al partito democratico senza ancora essere sciolti. "Io sono cauto, anzi un po’ scettico – ha detto Eco a Fassino e Franceschini ieri l’altro a Milano – perché questo nuovo soggetto, come il Bambin Gesù, esiste già prima ancora che nasca. E non è detto poi che sia santo e virtuoso...". E ragiona, sviluppa riflessioni e argomenti, sulle tre questioni capitali ormai note ai più: la collocazione europea, la forma partito, il problema etico. Su quest’ultimo punto Eco non resiste a uno dei suoi dotti affondi e ripercorrendo due secoli di storia italiana spiega come e perché laici e cattolici possono stringere alleanze strategiche e durature, mentre osserva come fonderli in un unico contenitore sia alquanto complicato. Cosa risponde la politica: "Siamo più avanti di quanto non si creda", ripete anche a Milano Fassino. Ma se "non si crede" non sarà anche perché non si dice mai esattamente come? Come si risolve esattamente il rebus dell’appartenenza europea? Se davvero il gruppo dirigente dei Ds è determinato a portare il nuovo soggetto sotto le bandiere del PSE – come dice di voler fare – e la Margherita fosse contraria – come dice di voler essere – in che modo si andrebbe avanti nel percorso? Mettendo nel conto la rottura dentro il partito con cui ci si vuole fondere? E non sarebbe questo un azzardo sullo stesso governo? Lo sarebbe, infatti. Più che un azzardo un capolavoro all’incontrario, perché dopo aver sostenuto che il nuovo soggetto politico rafforza il governo, ecco che proprio il governo finirebbe per subire i contraccolpi più seri di un'analisi politica sbagliata. Così sulla forma partito. Se l’ipotesi Vassallo viene rispedita al mittente perché azzera i partiti esistenti, come si costruisce esattamente il nuovo soggetto? Per ora, se non vogliamo proseguire nell’inganno di scambiare i nostri desideri con la realtà, il percorso che porta verso il partito democratico conosce una crescita esponenziale di nuove correnti interne. C’è una pretattica di posizionamento, ai nastri di partenza, che crea solchi dentro lo stesso partito, figuriamoci quando si tratterà di procedere ad una fusione politica. Emerge il male antico, in un partito che vuole essere nuovo, del tesseramento rigonfiato. Tuttavia indietro non si torna è l’altra formula magica che chiude il cerchio del discorso. Non si sa come si va avanti e non si sa perché indietro non si torna, non si sa cosa ne verrà fuori. Ha sempre più ragione Macaluso sulla nuova forma di emicrania politica. Se però indietro non si torna non si può sostenere, come invece sembra fare Marina Sereni, che il prossimo congresso "non scioglie i Ds ma apre una fase costituente del partito democratico". Cerchiamo di essere chiari con noi stessi, così almeno teniamo sotto controllo l’emicrania che in questo caso rischia di sfociare in vera e propria cefalea. Raymond Queneau ha scritto alcuni anni fa un libro eccezionale intitolato Esercizi di stile dove un episodio qualunque della vita quotidiana di un parigino viene descritto in 99 modi diversi l’uno dall’altro. E’ una lettura avvolgente perché il sovrapporsi di stili tanto differenti sembra finire per creare 99 episodi diversi. Qualcosa di simile sembra stia avvenendo per il partito democratico. Lasciamo gli esercizi di stile a Queneau e torniamo alla politica. Se nasce il partito democratico è evidente, a me pare, che si sciolgano i Ds, perché nessuno dei 99 modi finora descritti prevede ancora l’esistenza dei Ds e partito democratico insieme. Se poi Prodi, che del nuovo partito è leader naturale e dunque dobbiamo credergli, dice che "arriveremo alle Europee del 2009 con le liste del partito democratico", ciò vuol dire che nei due anni, o poco più di tempo da qui ad allora, c’è lo spazio per uno – massimo due – congressi dei Ds. Se è uno, come pure ha sostenuto Fassino tempo addietro, è insieme il congresso di scioglimento dei Ds e di nascita del partito democratico. Se invece sono due, il primo "entro l’estate" (tutta da fare l’esperienza di un congresso balneare) e il secondo almeno un anno dopo, nel 2008, cambia qualcosa nella sostanza? Se tra qualche mese gli iscritti Ds decidessero, al congresso, di "aprire la fase costituente del partito democratico" non avrebbero, già con questo, sciolto i Ds, sia pure al rallentatore? Siamo in un piano inclinato e la strada non è in discesa. Gli "appelli" a proseguire il dialogo con la minoranza, come è stato a Orvieto e come è in questi giorni, hanno in sé qualcosa di positivo e di utile, ma se dai toni talvolta moralistici si riesce a passare alle risposte politiche, poiché da queste dipende il merito del confronto interno e delle scelte di ciascuno. Scelte ormai chiare. * Coordinatore organizzativo Sinistra DS

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