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La nostra sinistra fuori dal riformismo europeo / Il Riformista

Date: 26/09/2006
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ITALIANITÀ. I DEMOCRATICI SONO «OLTRE», I COMUNISTI IN CONTRAPPOSIZIONE  DI EMANUELE MACALUSO ------- La nostra sinistra fuori dal riformismo europeo- ------ Non so se c'è nel centro-sinistra qualcuno che rifletta sui progetti di riorganizzazione delle forze politiche che compongono la coalizione. Nel frattempo una parte di essa, Ds e Margherita, ha convocato a Orvieto per il 6 e 7 ottobre un seminario per dare basi politico-culturali al Partito democratico. La nuova formazione, frutto dell'incontro tra i riformismi presenti nell'Unione - socialista, cattolico, liberal-democratico -, dovrebbe collocarsi “oltre” ciò che vive e opera nell'area riformista europea considerata asfittica e obsoleta. Un altro pezzo di centro-sinistra, pilotato da Rifondazione comunista, ha invece l'ambizione di costruire un partito della Sinistra europea che dovrebbe mettere insieme i comunisti di ieri e di oggi, i trotzkisti, i movimenti noglobal, ambientalisti, femministi, ecc., che abbia come riferimento partiti e gruppuscoli che in Europa si collocano all'opposizione dei governi socialisti, in alternativa alla tradizione del socialismo democratico. Non sfugge a nessuno che questa iniziativa viene presentata come speculare a quella che prepara il Partito democratico. Insomma, le forze del centro-sinistra si danno prospettive e strategie internazionali e nazionali, basi politiche, programmatiche e culturali, molto più divergenti di quanto si potesse pensare, ma entrambe convergono sul rifiuto di ritrovarsi nell'ambito di quel riformismo socialista che oggi è l'unica realtà che opera in Europa come grande forza di governo o di opposizione, in alternativa ai conservatori europei. È vero, i Ds non rifiutano questa collocazione anche perché sono una delle componenti del Partito socialista europeo e del suo gruppo parlamentare, ma sembrano alla ricerca di un espediente per “l'essere e non essere”. E non si dica che l'anomalia politica italiana, che per circa cinquant'anni è stata identificata nel confronto aspro o “consociativo” di due partiti “anomali” come la Dc (sempre al governo) e il Pci (sempre all'opposizione), si ripropone oggi proprio perché quell'eredità pesa ancora. Io non sottovaluto quell'eredità, ma trovo contraddittoria la posizione di chi da un lato dice che quell'eredità condiziona la politica italiana, e dall'altro vuole cominciare tutto daccapo. Tuttavia occorre ricordare che in quel passato c'era una Dc europeista e collegata con le forze moderate del Continente, partiti socialisti integrati con quelli europei e il Pci, che dopo l'esperienza dell'eurocomunismo, con Berlinguer e Napolitano cercò un rapporto - anche se non organico - con i leader socialisti che si chiamavano Brandt, Palme, Mitterrand. Voglio dire che mai nessuno, in passato, ritenne pensabile e possibile che una grande forza politica non avesse riferimenti forti in Europa. Queste sintetiche considerazioni mi spingono ad affermare che un partito non può nascere senza chiarezza sui suoi riferimenti internazionali, e non può nascere neppure senza una comune visione sui problemi posti dalla modernità, (vedi la rozza replica di Rutelli a chi presta attenzione ai temi sollevati dal presidente Napolitano). Anche perché, non nascondiamoci dietro a un dito, emergono divergenze non secondarie che attengono proprio alla visione dell'Europa e della situazione internazionale proprio con quella Sinistra europea, alternativa anche al socialismo riformista

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