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Craxi «Giudizi affrettati. Hamas può cambiare»/Corriere Sera

Date: 04/07/2006
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La difesa dei «nemici» Intini e Bobo ------Craxi «Giudizi affrettati. Hamas può cambiare»----- dalla Farnesina ROMA - Preso di mira da più di un dirigente delle Comunità ebraiche perché rivendica la linea dell’«equivicinanza» tra israeliani e palestinesi, copyright di Giulio Andreotti e messa in pratica attuale coordinata da Massimo D’Alema, il viceministro degli Esteri Ugo Intini si difende così: «Sono stato tra i fondatori di due associazioni di amicizia: l’"Unione democratica amici di Israele", l’Udai creata da Giulio Seniga, e "Sinistra per Israele". Se dico qualcosa di critico verso Israele, io posso permettermelo. Non sono come Gianfranco Fini, non sono un neofita». Bobo Craxi, sottosegretario nello stesso ministero con una storia politica molto simile alla sua, reagisce a critiche analoghe con altrettanta determinazione: «Mi sento particolarmente toccato dall’idea di essere ritenuto un nemico di Israele. Non sta né in cielo né in terra». Vite che si rintrecciano, destini che si incrociano di nuovo. Intini era il portavoce di Bettino Craxi, il suo collaboratore più fedele. Bobo è il figlio di Bettino, il segretario dal mandato più lungo nella storia del Psi del dopoguerra. Rispetto al rigore intiniano, che portò Michele Serra a ribattezzare Intini Ugo Palmiro Intini, Bobo propendeva per venature più liberal , radicaleggianti. Ma tutte queste distinzioni, e le divergenze successive, che poi hanno portato il primo nella Rosa nel Pugno e il secondo a candidarsi con l’Ulivo, non hanno mai eliminato la sintonia sulla questione mediorientale. Entrambi sono stati amici di Yasser Arafat. Entrambi ritengono merito di Bettino Craxi un certo passaggio del capo dell’Olp dal mitra al ramoscello d’Ulivo. Soltanto che tra gli ebrei il ricordo di quella fase del raìs con la kefiah è stato del tutto sepolto dall’Arafat di dopo: la seconda Intifada, gli attentati contro i civili israeliani che non furono fermati... Secondo Giorgio Israel, al congresso dell’Unione delle comunità ebraiche delegato della lista «Per Israele», considerata vicina al centrodestra, Intini «non riesce a condannare un governo terrorista come quello di Hamas». Il viceministro degli Esteri con delega al Medio Oriente non si scompone: «La posizione mia, del governo italiano e dei governi europei è semplice: non si può trattare con Hamas finché non riconosce Israele e rinuncia al terrorismo. Io ho espresso una speranza: che poi Hamas possa diventare un interlocutore perché riconosce ciò che gli si chiede di riconoscere». Torna fuori il punto irrisolto, nei rapporti tra molti ebrei e i due socialisti. «Facciamo due flashback », propone Intini. E ricorda: «Anni ’60 e ’70: Israele accusa Arafat di terrorismo e non tratta con lui. Anni ’90: ad Oslo, premio Nobel per la pace ad Arafat e Shimon Peres, che si abbracciano. Lacrime. Foto. Io c’ero. I flashback danno la speranza che la storia si ripeta». Si augura che Hamas compia la svolta che fu attribuita all’inizio ad Arafat, Intini. Forse è proprio questo che ai suoi detrattori non va giù. «Credo che neppure l’ambasciatore Ehud Gol, con il quale ho parlato in un piacevolissimo incontro, condividerebbe i giudizi affrettati che sento su di me», sostiene Bobo Craxi nella pausa di una riunione dell’Onu a Ginevra. Le sue tesi non si discostano dalle idee di Intini: «Mentre tra i palestinesi paiono prevalere i fondamentalismi, dall’altra parte c’è un eccesso di legittima difesa. Per liberare un ostaggio si bombarda il palazzo del primo ministro». Però a catturare l’ostaggio è stato un gruppo affine a quello del premier . Craxi: «C’è un’ escalation . Serve un atteggiamento di forzatura del dialogo». Per adesso, il dibattito è in Italia. Maurizio Caprara

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