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Puniti dai Ds, delusi dalla Rosa: Maretta tra i Socialisti / Il Giorno - La Nazione

Date: 15/05/2006
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Puniti dai Ds, delusi dalla Rosa: maretta tra i socialisti ______________ di Francesco Ghidetti__________ ROMA — Prima dichiarazione: «Allora, mi ascolti bene: contro i socialisti della Rosa nel pugno c’è una ‘conventio ad escludendum’ chiarissima. E’ una rivalsa di una certa sinistra nei confronti di chi dimostrò, in anni passati, tutta la sua superiorità politica e ideale. Vedere ora i socialisti dibattersi nell’acqua senza salvagente provoca un sottile piacere. La storia del Psi mica fu solo storia di mazzette!». Seconda dichiarazione: «Siamo stati bravissimi a costruire una perfetta macchina extraparlamentare. Alle elezioni come Rosa nel Pugno abbiamo raggiunto un segmento di votanti molto ma molto piccolo. Per carità: occuparsi di crocifissi, di Concordato va bene. Però i cittadini si interrogano sul lavoro, sulle pensioni...». Ci risiamo. La ‘questione socialista’ riesplode. Anche perché, tenetevi forte, chi ha pronunciato la prima dichiarazione è Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, l’ex pm di Mani Pulite cui lo Sdi, in epoche non preistoriche, pose un veto: «Se entra lui nell’Ulivo ce ne andiamo noi». Mentre la seconda, impietosa analisi è di Ottaviano Del Turco (attuale governatore dell’Abruzzo e ‘socio fondatore’ dello Sdi). Una questione socialista a due facce: la difficoltà ad avere incarichi forti nel costituendo governo-Prodi; i malumori che serpeggiano nello Sdi dopo il non brillante risultato. La periferia freme. La «pannellizzazione» non è piaciuta. Il veto a D’Alema nemmeno. L’idea di partecipare al gay-pride torinese neanche un po’. «Un dato è certo — dice Del Turco —: la Rnp è una novità se non schiaccia la sua identità solo nell’eredità radicale o solo in quella socialista. E invece...». Ma davvero il nuovo esecutivo vuole far fuori tutto ciò che sa di socialista? Diamo un’occhiata agli organigrammi. Nei Ds la danza è targata Fgci, Federazione giovanile comunista del tempo che fu. Nomi di socialisti (da Spini a Ruffolo a Benvenuto) nemmeno l’ombra. «Scusate un attimo — attacca Emanuele Macaluso, storico dirigente comunista e direttore delle «Ragioni del socialismo» —, ma che vi aspettavate? La famosa diaspora non è mai stata ricomposta. La forza contrattuale dei socialisti è inesistente. Amato? Paga un rapporto equivoco con la Quercia. E poi: era lui che poteva rimettere insieme i cocci. E si è ben guardato dal farlo. Gli spazi c’erano. Oggi conta più Di Pietro...». L’ombra minacciosa dell’ex pm... «Macché — afferma uno che di militanza socialista ne ha fatta tantissima a partire dagli anni Sessanta —. La verità è che Tonino non ha la puzza sotto il naso. E’ spiritoso, autocritico. Gli altri, invece, non sono mai usciti dalla logica del Pci. Amato? Mah... Lui vola alto. Altissimo. Chi riesce a vederlo?». E se il capogruppo alla Camera Roberto Villetti dice «che a una domanda sull’esclusione dei socialisti nemmeno rispondo tanto è ridicola», Spini, che da subito e con entusiasmo aderì ai Ds, scuote la testa: «Non condivido questa regressione da Ds a ex Pci. Non ci eravamo uniti nel riferimento al socialismo europeo?». Proprio lui che, mesi fa, aveva scritto un saggio dal titolo: «Compagni siete riabilitati!». Sì, e anche dimenticati. Del resto l’allarme era partito da una staffilata dalemiana post-voto: «La Rnp? Un cartello elettorale». Forse i guai cominciano da lì...

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