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Rino Formica: S come sinistra, alla Quercia non si perdonano i rapporti col mondo economico

 "Compagni diessini, 
attenti al Fattore S" 

l´intervista 

L´operazione Unipol resa disastrosa dalla pretesa di riproporre su scala nazionale il modello emiliano 

CARMELO LOPAPA 

ROMA - Dispensa suggerimenti agli ex avversari diessini con l´esperienza di chi ha vissuto l´assedio mediatico e quello giudiziario al suo partito. «Cari compagni, anche noi abbiamo conosciuto l´assalto senza esclusione di colpi nel biennio terribile ‘92-´94. E cademmo per una ragione determinante: non capimmo il punto di debolezza della nostra linea politica. Attenti a non ripetere l´errore». Rino Formica, socialista d´alto rango nell´era craxiana, ex ministro delle Finanze e del Lavoro, oggi presidente di «Socialismo è Libertà», mette in guardia i «compagni» sotto attacco per la vicenda Unipol-Consorte. Il loro errore? «Voler riproporre su scala nazionale il modello emiliano. Ora, state attenti al fattore S». Cosa sarebbe il fattore "S"? «È l´ombra che sta calando tra le rovine della Seconda Repubblica. "S" sta per sinistra o per socialismo. Qualcosa di molto simile al fattore "K" della Prima Repubblica». Vale a dire? «I comunisti, nella Prima Repubblica, potevano fare tutto. Meno che aspirare al governo. Invece, per i sostenitori della nuova esclusione, agli "S", cioè ai diessini, viene consentito di essere forza di governo, ma non di intrattenere legami con i presidi reali dei poteri legittimi». Lei trova giustificati quei legami col mondo economico? «Se sono legittimi, sì. In questa Seconda Repubblica riscontro un disordine che può rendere instabile e precario l´ordine democratico». La pensa come D´Alema, che si dice «preoccupato per la democrazia in questo Paese». «Condivido il timore. Se si rilancia la vecchia storia che gli ex comunisti non sono garanzia democratica, allora l´alternanza si azzoppa». D´accordo. Ma oggi si discute sul fatto che il più grande partito della sinistra abbia «tifato» per la scalata di Consorte e dell´Unipol alla Bnl. Ecco, sul rapporto tra politica e affari, lei che idea si è fatto? «Se con la parola affari si fa riferimento agli interessi economici che la politica premia o punisce, il rapporto tra politica e affari allora è insopprimibile. Troppo spesso oggi si parla di affari come sinonimo di malaffare: sono due cose diverse». Insomma, assolve Fassino e i Ds su questa vicenda? «La politica può e deve intervenire sugli interessi economici. Trovo legittimo che Fassino chieda lumi su un´operazione finanziaria. Quel che ha reso disastrosa l´operazione Unipol per i Ds è stata la pretesa di poter riproporre su scala nazionale il modello emiliano, in cui politica ed economia convivono in un unico kombinat. Lì hanno sbagliato. Ma penso che i compagni abbiano preso atto che gli alleati e gli avversari non permetteranno nulla del genere».

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