[Artchivio/_borders/disc2_ahdr.htm]

Stefania, Bobo e l’unità dei socialisti /Corriere della Sera

Date: 07/09/2005
Time: 18.01.38
Remote Name: 151.28.18.95
Remote User:

Commenti

Stefania, Bobo e l’unità dei socialisti DUE CRAXI UN PARTITO di PIERO OSTELLINO C'è il rischio che l'irrisolta «questione socialista», cioè il superamento della storica scissione della sinistra sulla base di una comune adesione alla cultura riformista, si trasformi in una «questione di famiglia» fra Bobo e Stefania Craxi, i figli dell'ultimo leader del Psi che se l'era posta. Divisi fra non sopiti rancori nei confronti degli eredi del Pci, cui Stefania, che si candiderà nel centrodestra, addebita la criminalizzazione morale e politica del padre, e l'aspirazione a recuperare una identità di sinistra (Bobo, che veleggia verso l'Unione), i figli di Bettino perpetuano ora, in chiave familiare, una scissione che, dopo la fine del comunismo, non avrebbe politicamente più ragione d'essere. Ma che rimane ancora, per molti socialisti, una ferita aperta e, per molti ex comunisti, un riflesso dell'antica vocazione egemonica, proprio perché né da parte post-socialista né da parte post-comunista si è saputo, o voluto, affrontare e sciogliere il nodo, storicizzandolo e analizzandolo criticamente. In punta di logica, ha (apparentemente) torto Stefania e ha (apparentemente) ragione Bobo. Un socialista non può che stare a sinistra; a destra è un'anomalia concettuale e politica. Ma il fatto che abbia apparentemente torto Stefania non significa che abbia sostanzialmente ragione Bobo. Non si fa politica con i rancori, per quanto giustificati, né tanto meno la si fa coltivando l'anacronistica speranza, per quanto umanamente comprensibile, di prendersi impossibili rivincite sulla storia. Se Stefania non incomincia a chiedersi se suo padre e il Partito socialista non siano per caso arrivati all'appuntamento con la crisi e la fine del comunismo privi della credibilità morale e dell'autorità politica necessarie a guidare la ricomposizione della sinistra e ad assumerne la direzione, non riuscirà mai a elaborare il lutto per la sconfitta subita dal socialismo riformista. E continuerà a vagare alla ricerca del riformismo perduto. Da parte sua, se Bobo non chiederà ai post-comunisti - per usare una parola oggi di moda - una dimostrazione di «discontinuità» rispetto al loro passato e, soprattutto, all'interpretazione che essi continuano a darne, se non chiederà loro di denunciare la contraddizione fra il ruolo che il Pci ebbe nella prassi democratica e la sua cultura antidemocratica - di cui si alimentò la «doppiezza» non solo di Togliatti, ma anche di Berlinguer e che, di fatto, impedì il superamento della storica scissione - la sua non sarà un'adesione, ma una pura e semplice annessione da parte della sinistra post-comunista. Sarebbe davvero paradossale se ciò che non riuscì a suo padre - la cooptazione in chiave «mitterrandiana» del Partito comunista da parte del Psi - riuscisse ora agli eredi di coloro che ne provocarono la sconfitta e l'esilio nei confronti della diaspora socialista. C'è, però, un modo per evitarlo. Andare avanti, e in fretta, prima delle elezioni del 2006, col progetto di una sinistra liberal-socialista, blairiana, che raggruppi lo Sdi, i socialisti di De Michelis, i radicali, Bobo e i suoi, che affianchi l'ancora timida ala riformista dei Ds. Coraggio. Potrebbe essere l’occasione propizia per pervenire, non solo alla riunificazione dei riformisti, ma anche della famiglia Craxi. Coraggio, Bobo e Stefania.

[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]