di Rino Formica su
Il Manifesto del
28-04-2021
Cari compagni del manifesto,
celebrare un assai significativo anniversario come i cinquant’anni
del manifesto è soprattutto per me occasione di
riflessione, mettendo a tesoro e con uno sforzo di riordino tra i
ricordi, i momenti che hanno intrecciato la vostra storia con le
vicende del partito socialista e i tanti momenti, anche recenti,
del mio personale rapporto con il vostro «quotidiano comunista».
Evitando espressamente le paludi che
circondano spesso gli anniversari nelle cui acque scompare il
pensiero auto-critico mentre affiorano abbondanti le nostalgie e i
ricordi del passato.
In primo luogo un dato emerge a partire
da quel Comitato centrale dell’ottobre del ’69, denso e
appassionato, nel quale il Pci discusse pubblicamente e risolse la
Questione del Manifesto. Mi riferisco al dato, chiaro e
chiarificatore, del rispetto e dell’attenzione che i socialisti
riservarono a quel particolare e forse anche inaspettato dissenso,
inaspettato per la sua valenza ideologica politica e culturale,
che risaliva da quel corpo politico, il Pci, orgoglioso della sua
forza e della sua «diversità» non più tale, quest’ultima, dopo
quella rottura.
Il corpo roccioso e unitario del Pci si
apriva, sotto la forma della rottura, a quel pluralismo
misconosciuto e vituperato che invece era la forma ordinaria nella
quale si manifesta la complessità della politica e con la quale
questa si de-ideologizza. [CONTINUA
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