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		  Il socialismo è malato(ma può 
		  anche riprendersi)
 di Paolo Franchi su 
	  il"Corriere della Sera"  del 25-07-2017 
		  
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							  Un 
							  giorno il Politburo stabilì, su proposta di 
							  Michail Suslov, di mettere nero su bianco nello 
							  statuto del partito che il marxismo-leninismo non 
							  era una filosofia, ma una scienza. La 
							  decisione fu sottoposta al voto, stancamente 
							  unanime, di tutte le strutture del Pcus. 
							  Nell’ultima, sperdutissima sezione, però, il 
							  compagno Popov, raggelando gli astanti, chiese la 
							  parola. Nessun dubbio, per carità, il 
							  marxismo–leninismo era una scienza. Ma allora come 
							  mai, prima di applicarla agli umani, non la si era 
							  sperimentata sui topi?  
							  
							  Il riaprirsi del 
							  dibattito sulla fine del socialismo e dei partiti 
							  socialisti mi ha fatto tornare alla mente questa 
							  vecchia barzelletta sovietica. Una ragione 
							  c’è. Il socialismo, in tutte le sue varianti, non 
							  si presta alle ironie del compagno Popov: perché, 
							  a differenza del comunismo, con tutto il rispetto 
							  per Karl Marx non è «scientifico». Non ha più da 
							  un pezzo un’ortodossia, uno statuto ideologico 
							  rigido, un obiettivo finale con cui fare i conti. 
							  Il movimento è tutto, il fine è nulla, aveva 
							  sostenuto già nel 1899 il revisionista Eduard 
							  Bernstein. Se ne ebbe in cambio l’espulsione dalla 
							  Spd. Ma settant’anni dopo un altro grande 
							  socialdemocratico tedesco, Willy Brandt, parlava 
							  con Oriana Fallaci del socialismo come di «un 
							  orizzonte che non raggiungeremo mai, e a cui 
							  tentiamo di andare sempre più vicino». E il nostro 
							  Pietro Nenni, che fino all’ultimo volle essere 
							  giudicato «come un militante della classe operaia 
							  e del movimento socialista», lo definiva come la 
							  lotta incessante «per portare avanti quelli che 
							  sono nati indietro». 
							  A lungo questa 
							  sostanziale indifferenza alla teoria fu 
							  considerata (in Italia, ma non solo in Italia; a 
							  sinistra, ma non solo a sinistra) un insuperabile 
							  limite congenito del movimento socialista. 
							  C’era del vero, in questo giudizio, specie... 
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