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"Quando
un uomo come Enrico Letta rilascia dichiarazioni di questo
tipo ('lascio la politica, i partiti sono morti'), bisogna
prendere atto che si è arrivati a un punto cruciale, a una
svolta epocale, a una resa dei conti che si consumerà
forse nel giro di un anno, di qualche mese. Per l'Italia
saranno decisive le prossime elezioni politiche. Ma il
problema non riguarda solo il nostro paese". Rino Formica,
grande personaggio della storia e della politica italiana,
prende come punto di riferimento queste dichiarazioni di
un giovane uomo politico come Letta, che si è di fatto
rifugiato a Parigi, tuffandosi nell'insegnamento e nello
studio, dopo aver occupato posti di grande prestigio in
alcuni partiti e soprattutto dopo essere stato presidente
del Consiglio, per far comprendere a che punto si è
arrivati. L'ex esponente di primo piano del Psi
riformista, l'ex ministro delle Finanze, il grande
polemista su questioni politiche di grande rilievo, sembra
quasi ossessionato dall'attacco che sta subendo la
democrazia parlamentare.
Che
cosa sta succedendo Formica?
Si sta assistendo a uno scontro finale tra i difensori
della democrazia parlamentare e quelli che ne vogliono
fare a meno, che vogliono fare a meno del Parlamento, che
vogliono cambiare la forma di Stato. Io riassumo in questo
modo tale momento politico, sperando che i difensori della
democrazia parlamentare siano ancora tanti. Ma non lo so
proprio. Non sono morti solo i partiti, come dice Enrico
Letta, sono morti anche i sindacati. >>> |
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Di fatto,
sembra morta l'articolazione che ha sempre
caratterizzato le società democratiche. Mi
può spiegare a che cosa servono sindacati che non
curano neppure i contratti collettivi di lavoro,
che non fungono da grandi mediatori sui contratti?
Si dice, secondo
gli ultimi dati, che c'è più occupazione in
Italia, che si è raggiunto il livello del 2008,
prima che si aprisse la crisi. C'è chi aggiunge
che c'è anche più disoccupazione. In tutti i casi,
il sistema dell'informazione sostiene che i
segnali di un superamento della della grande
recessione, durata dieci anni, di fatto si vedono
guardando gli ultimi dati.
Mi chiedo spesso a che
cosa serva questo sistema dell'informazione e che
gioco stia facendo. Proviamo a tentare solo un
paragone tra il livello di occupazione del 2008 e
quello attuale. Tra gli occupati del 2008, la
stragrande maggioranza aveva contratti a tempo
indeterminato, posti di lavoro sicuri su cui
costruire una vita. E pure l'articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori. Ora, nel calcolo
dell'occupazione entrano anche quelli che lavorano
qualche ora alla settimana o al mese. E non
tocchiamo il problema della disoccupazione
giovanile, che ha un livello da tragedia che si
dice quasi sottovoce. Poi c'è il precariato, che
sembra anticipare una società dove si lavora alla
giornata".
Ma che cosa si
vuole ottenere in questo modo?E' in atto
una riduzione del tasso democratico delle società
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