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Formica non ha dubbi«Elezioni nel 2012»

di Andrea Cangini dal Quotidiano Nazionale del 14 Ottobre 2011

QUANDO il socialista Rino Formica era ministro delle Finanze, Giulio Tremonti era il suo consigliere economico. Ora a fare il ministro è Giulio Tremonti, il ruolo di consigliere è passato a Rino Formica. E allora, Formica, parliamo di Tremonti e cominciamo dalle ragioni del suo pessimo rapporto con Berlusconi... «Ragioni fisiologiche, direi. In politica le personalità forti sono destinate a confliggere». Berlusconi dice che Tremonti ha un pessimo carattere. «Ha carattere. Ma non è questo il punto». E qual è il punto? «Il punto è che per Tremonti Berlusconi era e resta un cliente, uno che ha bisogno di lui». Si riferisce al rapporto tra il tributarista e l’imprenditore? «Certo. È stato in quel contesto prepolitico che si è formata la gerarchia, e uno stimato professionista non si fa dare ordini da un cliente né freme dalla voglia di spiegargli i dettagli di ogni scelta fatta nel suo interesse». A un professionista ci si affida. «Esatto, se lo chiami hai fiducia in lui e se hai fiducia in lui a lui ti affidi». Ce lo vede Berlusconi ad affidarsi? «No, ha una logica padronale. Un tempo diceva ‘ho i soldi’, ora dice ‘ho i voti’, ma sempre intende dire: ‘Voi non contate nulla e senza di me siete finiti’». È stato vero a lungo. «Sì, ma in politica nulla è eterno. In Berlusconi rivive oggi la teoria del colpo di culo degli esordi, perciò assistiamo all’inevitabile scontro tra la nasometria del premier e la professionalità del ministro». Detestato, però, da tutto il partito. «Quale partito?». Il Pdl. «Il Pdl non è un partito. C’è un cerchio magico di caratteri modesti e qualche ambizioso come Scajola: un milite ignoto, un portiere d’albergo...». Eppure, il suo Tremonti è inviso sia ai modesti che ai portieri d’albergo. «Era così anche nel Psi. E lo sa perché? Perché Tremonti non ha mai dovuto sottostare ai criteri tradizionali della selezione politica: mai attaccato manifesti, mai fatto vita di corrente, sempre avuto potere in ragione della sua scienza». Cosa nasconde la partita su Bankitalia? «Tante cose. Per esempio il fatto che Bankitalia ha un patrimonio immobiliare di 200 miliardi di euro che gestisce senza render conto a nessuno». Chi la spunterà? «Non uno genuflesso a Draghi come Saccomanni, perché è chiaro che Draghi è diventato governatore di Bankitalia grazie a Londra e presidente della Bce grazie a Berlino. E lo sa perché?». No, perché? «Perché i tedeschi ritengono che solo un italiano potrà essere più duro di loro con l’Italia». Dunque? «Dunque, la spunterà Grilli, assai più stimato all’estero di Draghi e l’unico capace di tenergli testa. Al limite, Visco o Tarantola». Se Berlusconi farà il nome di Grilli si scontrerà con Napolitano. «E perché mai? Berlusconi ha in mano una lettera in cui Napolitano fa sia il nome di Grilli sia quello di Saccomanni...». Sul decreto sviluppo Berlusconi e Tremonti torneranno a confliggere? «Solo se il premier vorrà avere la botte piena e la moglie ubriaca. I soldi sono pochi, o si fa la riforma fiscale o si butta una manciata di miliardi nel decreto sviluppo sapendo che la crisi è sistemica e dunque la crescita non ci sarà». Previsioni sulla legislatura? «Elezioni in primavera. Ormai il consenso si fonda sul portafogli e poiché nel 2012 e 2013 sarà necessaria una forte stretta in finanziaria che penalizzerà gli elettori del Pdl, votare il prossimo anno sarà il male minore». Previsioni sul futuro politico di Tremonti? «La politica è una linea spezzata, fatta di picchi e cadute. Se l’uomo politico ha la capacità di produrre politica non muore mai». .